Agricoltura e selvicoltura
- AZIENDE AGRICOLE CHE ADERISCONO A MISURE ECOCOMPATIBILI E CHE PRATICANO AGRICOLTURA BIOLOGICANel 2018 l’agricoltura biologica in Italia ha raggiunto una superficie coltivata di quasi 2 milioni di ettari, coinvolgendo oltre 79 mila operatori biologici. Negli ultimi 28 anni l’agricoltura biologica è stata caratterizzata da un andamento crescente sia in termini di operatori sia di superficie coltivata, in controtendenza rispetto agli andamenti dell’agricoltura convenzionale. Rispetto al 2017 si registra un incremento degli operatori del 4,2% e della superficie utilizzata del 2,6%. In ambito europeo secondo l'ultima revisione EUROSTAT, nel 2017, l’Italia si pone al 4° posto nell’Europa (28) per percentuale di superficie agricola destinata a biologico. L’agricoltura biologica italiana si concentra prevalentemente in tre regioni del Meridione: Sicilia, Puglia e Calabria che vanno a rappresentare il 43% della superficie agricola biologica nazionale e il 39% delle aziende. Con questo indicatore si mira a valutare l’andamento della conduzione biologica aziendale e la sua diffusione sul territorio agricolo al fine di stimare l'adozione di pratiche agronomiche più idonee a garantire un buon livello di qualità ambientale e di biodiversità, nonché la salubrità degli alimenti e il benessere degli animali da allevamento.CONSISTENZE ZOOTECNICHENel 2018, rispetto all’inizio del decennio si osserva una riduzione delle consistenze a carico della specie ovina (-9%) e quella suina (-9%) e una crescita dei bufalini del 10%, mentre sostanzialmente invariate appaiono le consistenze della specie caprina.DISTRIBUZIONE PER USO AGRICOLO DEI FERTILIZZANTI (CONCIMI, AMMENDANTI E CORRETTIVI)L'indicatore consente di valutare i quantitativi di fertilizzanti immessi annualmente al consumo per uso agricolo, nonché di confrontare gli orientamenti della distribuzione nel tempo e su base territoriale. Nel 2017 sono stati immessi in commercio oltre 4,7 milioni di tonnellate di fertilizzanti. Nel periodo 2000 – 2017 la distribuzione dei fertilizzanti presenta un lieve aumento, pari a 89 mila tonnellate (1,9%). L’andamento è differente nelle varie categorie, con una forte contrazione dei concimi minerali semplici e composti (oltre 1,4 milioni di tonnellate, -41,5%) e degli organo-minerali (- 134 mila tonnellate, pari al 31,9%), cui si contrappone un incremento importante dei fertilizzanti organici, che raddoppiano la distribuzione. L’analisi del trend 2000-2017 degli elementi nutritivi che agiscono direttamente sulla fertilità del suolo e delle piante evidenzia la riduzione dei nutrienti principali (azoto, fosforo e potassio), con entità e dinamiche diverse per ogni singolo elemento, e il contemporaneo aumento della sostanza organica, presente nei fertilizzanti di origine organica e nei concimi organo – minerali. Tale evoluzione trova parziale corrispondenza nell’ultima annualità, quando rispetto al 2016 emerge un aumento di tutti gli elementi nutritivi.DISTRIBUZIONE PER USO AGRICOLO DEI PRODOTTI FITOSANITARI (ERBICIDI, FUNGICIDI, INSETTICIDI, ACARICIDIE VARI)Nel 2018 sono state immesse in commercio circa 114 mila tonnellate di prodotti fitosanitari, con un contenuto di principi attivi pari a circa 54 mila tonnellate. Nel periodo 2014–2018 la distribuzione dei prodotti fitosanitari presenta una contrazione di mercato del 12%. Cala il quantitativo delle seguenti categorie di fitosanitari acquistati: fungicidi (-17,7%), erbicidi (-16,3%), insetticidi e acaricidi (-7,4%), mentre i vari altri subiscono un incremento pari all’8,8%. I principi attivi diminuiscono del 8,9%, rispetto al 2014, prima dell’entrata in vigore del PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari), con dinamiche diverse per le varie categorie. Diminuiscono i principi attivi (p.a.) di tutte le categorie (insetticidi e acaricidi-3,9%, fungicidi -15,2%, erbicidi -11,8%,) a esclusione dei vari (+14,8%) e dei trattamenti puramente biologici che rappresentano una quota mediamente inferiore all’1% del totale.ECOEFFICIENZA IN AGRICOLTURAL'indicatore analizza la capacità dell'agricoltura nazionale di stimolare la crescita economica, riducendo al tempo stesso le pressioni e gli impatti sull'ambiente. Scopo dell’indicatore è misurare l’eco-efficienza del settore agricolo, cioè la capacità di disaccoppiare (decoupling) i fattori di crescita economica dall’aumento dei fattori di pressione e di impatto. L'evoluzione delle variabili testimonia un miglioramento dell'eco-efficienza dell'agricoltura italiana nel periodo oggetto di analisi (1990-2017). Ciò si evince se si rapporta l’andamento della variabile economica (rappresentata dal valore aggiunto ai prezzi di base), a quello delle pressioni che risulta essere in decrescita per quanto riguarda il consumo di fertilizzanti e dei prodotti fitosanitari, l’uso di energia, le emissioni acidificanti e le emissioni dei gas serra.EMISSIONI DI AMMONIACA DALL'AGRICOLTURAL’indicatore descrive le emissioni di ammoniaca (NH3) in atmosfera prodotte dal settore agricolo, dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti e permette di valutare il peso del settore rispetto al totale dell' emissione nazionale e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione. Il settore agricoltura è responsabile dell’emissione in atmosfera di 362,18 kt di NH3, pari al 94,3% del totale nazionale. L'andamento delle emissioni di NH3 è in linea con gli obiettivi fissati dal Protocollo di Göteborg e dalla Direttiva sui limiti nazionali di emissione (Direttiva NEC – National Emission Ceiling).EMISSIONI DI AZOTO EQUIVALENTE IN AGRICOLTURAL’indicatore descrive l’ammontare di azoto annualmente perso in atmosfera, in termini di azoto ammoniacale (N-NH3), di azoto nitroso (N-NO2) e di azoto sotto forma di protossido di azoto (N-N2O) prodotto dal settore agricolo, dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti. L’indicatore può essere usato per valutare l’efficacia degli apporti di azoto al suolo attraverso il calcolo del bilancio dell’azoto, anche nell’ambito dell’applicazione della Direttiva Nitrati. Nel 2017 il settore agricolo ha emesso 336,7 migliaia di tonnellate di azoto equivalente, con una riduzione del 20,6% rispetto al 1990.EMISSIONI DI GAS SERRA DALL'AGRICOLTURAL’indicatore descrive le emissioni di gas serra (CH4, N2O, CO2) in atmosfera prodotte dal settore agricolo, dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti e permette di valutare il peso del settore rispetto al totale di emissione nazionale e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione. L'andamento delle emissioni di gas serra del settore agricoltura a partire dal 1990 è in tendenziale diminuzione, tuttavia ulteriori interventi di riduzione dovranno essere intrapresi per raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC), del Protocollo di Kyoto e delle Direttive europee. In particolare, gli obiettivi di riduzione al 2020 e al 2030 fissati rispettivamente dalla Direttiva Effort Sharing (406/2009/EC) e dal Regolamento Effort Sharing (842/2018/EC) per l’Italia sono pari a -13% e -33% di riduzione delle emissioni complessive di gas serra dei settori agricoltura, residenziale, trasporti e rifiuti, rispetto ai livelli del 2005. Nel 2017, le emissioni di gas serra dall’agricoltura hanno un peso rispetto ai quelle dei settori della Direttiva Effort Sharing pari all’11%, e il loro contributo al raggiungimento dell’obiettivo previsto al 2020 è marginale, infatti la riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricoltura rispetto al 2005 è pari a -3,5%.MORIA DI API DOVUTA A USO DI FITOSANITARILe api, il polline e le altri matrici apistiche, consentono di avere indicazioni sullo stato naturale e sulla contaminazione chimica da fitofarmaci presente nell’ambiente (Celli e Maccagnani, 2003; Girotti et al., 2013). Le analisi di laboratorio permettono, inoltre, di rinvenire sulle api, sul polline e sulle altre matrici apistiche le sostanze attive presenti nei prodotti fitosanitari utilizzati nelle aree sulle quali le stesse effettuano i voli e bottinano (Porrini et al., 2003; Rişcu e Bura, 2013). L’ISPRA partecipa attivamente ad attività di ricerca e monitoraggio mirate a conoscere e combattere in modo sostenibile alcune diffuse patologie dell’alveare e stabilire i possibili fattori che causano la mortalità e lo spopolamento delle colonie di api, anche a seguito delle diverse pratiche fitoiatriche in uso nelle aree naturali e agricole (ISPRA, 2011; Bellucci et al., 2010, Porrini et al., 2016; Bellucci et al., 2019; Sánchez-Bayo et al., 2016). I dati rilevati dal 2015 al 2017 consentono di evidenziare un generale incremento dei casi di moria di api, mentre nel 2018 si assiste a un declino. La diminuzione dei casi osservata nel corso 2018 potrebbe essere attribuita a un effetto positivo dei provvedimenti di legge e dell’opera di sensibilizzazione condotta dalle istituzioni per un utilizzo maggiormente responsabile dei prodotti fitosanitari, come pure al timore da parte degli apicoltori, di controlli e blocchi dell’attività lavorativa in seguito alle denunce di morie. Inoltre, dall'analisi del numero di casi di avvelenamenti con presenza di principi attivi, suddivisi per mese si evince come il maggior numero di casi di morie si registrino in aprile, maggio e giugno, coincidenti con le fioriture primaverili, dimostrando l’inosservanza da parte degli agricoltori delle raccomandazioni e delle buone pratiche suggerite durante le semine e i trattamenti con fitosanitari.SPRECO ALIMENTARESecondo le prime stime in Italia, lo spreco complessivo nel sistema alimentare (spreco alimentare sistemico) ammonta al 63% dell’energia alimentare prodotta nel sistema.TERRITORIO AGRICOLO INTERESSATO DA RILASCI DELIBERATI, A SCOPO SPERIMENTALE, DI PIANTE GENETICAMENTE MODIFICATE (PGM)L’indicatore di pressione riporta il numero, le dimensioni e le caratteristiche delle sperimentazioni di Piante Geneticamente Modificate (PGM) autorizzate in Italia, ai sensi della Direttiva 2001/18/CE, a partire dal 1999. L’indicatore è popolato annualmente acquisendo i dati reperiti presso l’autorità competente italiana il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le sperimentazioni hanno subito un forte calo già nel 2000 e dal 2001 non sono state autorizzate nuove sperimentazioni. Le ultime sperimentazioni, che avevano un’autorizzazione pluriennale, si sono concluse nel 2010.UTILIZZO DI PRODOTTI FITOSANITARI SU SINGOLA COLTIVAZIONEL'indicatore fornisce informazione relativamente all'uso dei prodotti fitosanitari nelle singole coltivazioni. I dati sono raccolti con indagini campionarie sulle quantità dei prodotti fitosanitari impiegate in specifiche coltivazioni e forniscono una significativa rappresentazione dell'intensità d'uso in termini di quantità/ha e sul potenziale impatto ambientale. La rilevazione originariamente ha riguardato ogni anno una coltura diversa e si è ripetuta dopo un intervallo di 5 anni. Attualmente, in relazione alle finalità indicate nel Piano d'Azione Nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, è aumentato sia il numero di colture rilevate (attualmente due all'anno selezionate tra: Vite, Frumento duro, Mais, Pomodoro e Patata), sia la frequenza di rilevazione (a rotazione possibilmente ripetendo ogni anno una coltivazione dell'anno precedente). Per l’ultimo triennio sono presentati i dati relativi ai principi attivi impiegati per superficie trattata e quantità impiegata nella coltivazione della vite (2014-2015-2016), frumento (2016-2017) e mais (2017-2018) per categoria. La vite, tra quelle osservate, si conferma essere la coltura con la distribuzione di sostanze attive e la quantità media a ettaro, a carico soprattutto dei fungicidi, decisamente più alte.
- CERTIFICAZIONE DI GESTIONE FORESTALE SOSTENIBILELa crescente attenzione da parte di decisori politici, aziende private, associazioni e privati cittadini al fenomeno della deforestazione e degrado delle foreste globali ha stimolato l’implementazione azioni e strumenti per prevenirli e mitigarli. In particolare, l’aumento indiscriminato delle utilizzazioni forestali e il conseguente degrado degli ecosistemi naturali, specie nelle aree tropicali del pianeta, risultano spesso associati a processi di illegalità che vanno dal taglio alla trasformazione e al trasporto del legno e dei suoi derivati, i quali generano rilevanti impatti negativi sia dal punto di vista ambientale sia socio-economico. La certificazione forestale nasce dalla necessità di prevenire gli impatti negativi e le minacce al patrimonio forestale nazionale e internazionale, attraverso l’adozione di pratiche di gestione forestale improntate a un’attenta pianificazione e monitoraggio delle attività di gestione e utilizzazione delle risorse legnose. In Italia, al 31 dicembre 2018, la superficie forestale certificata secondo lo schema del Programme for Endorsement of Forest Certification schemes (PEFC™) è pari a 819.021 ettari (ha); mentre la superficie certificata secondo lo schema del Forest Stewardship Council® (FSC®) è pari a 65.427 ettari; la superficie con doppia certificazione PEFC-FSC, invece, è 52.067 ettari.CONTRIBUTO DELLE FORESTE NAZIONALI AL CICLO GLOBALE DEL CARBONIOL’indicatore fa riferimento allo stock di carbonio, ovvero la quantità di carbonio fissata in Italia nei diversi serbatoi forestali, e alla variazione di stock di carbonio (carbon sink), che tiene conto del carbonio assorbito e alla quantità rilasciata (emissioni) per effetto di incendi, prelievi e mortalità naturale degli ecosistemi forestali nazionali. Il carbon stock e il carbon sink rappresentano indicatori efficaci per valutare lo stato delle risorse forestali di una nazione, essendo tali indicatori influenzati dalla produttività delle foreste e, in senso negativo, dai disturbi sia naturali sia antropici cui sono soggette (incendi, prelievi, parassiti e patogeni, mortalità naturale, ecc.). Gli stock di carbonio nelle foreste italiane sono in aumento, segnando un bilancio positivo tra le emissioni e gli assorbimenti di gas serra (carbon sink). Ciò è legato da una parte alle politiche di conservazione e di tutela delle foreste; dall'altra, a causa di complessi motivi economici e sociali, a una riduzione del volume dei prelievi legnosi. Un trend positivo importante si registra in quelle aree usate in precedetemente per altri scopi e convertite poi in foreste. Maggiore preoccupazione destano le emissioni legate agli incendi. Il carbon stock e il carbon sink, inoltre, indicano il contributo che le foreste nazionali possono dare alla mitigazione dell’effetto serra e al raggiungimento degli obiettivi di contenimento delle emissioni di gas climalteranti che il nostro Paese ha assunto nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC).