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Agricoltura e selvicoltura
- ECOEFFICIENZA IN AGRICOLTURAL'indicatore analizza la capacità dell'agricoltura nazionale di stimolare la crescita economica, riducendo al tempo stesso le pressioni e gli impatti sull'ambiente. Scopo dell’indicatore è misurare l’eco-efficienza del settore agricolo, cioè la capacità di disaccoppiare (decoupling) i fattori di crescita economica dall’aumento dei fattori di pressione e di impatto. L'evoluzione delle variabili testimonia un miglioramento dell'eco-efficienza dell'agricoltura italiana nel periodo oggetto di analisi (1990-2019). Ciò si evince se si rapporta l’andamento della variabile economica (rappresentata dal valore aggiunto ai prezzi di base), a quello delle pressioni che, a parte i precursori dell'ozono troposferico, risultano essere tutte in decrescita.EMISSIONI DI AMMONIACA DALL'AGRICOLTURAL’indicatore descrive le emissioni di ammoniaca (NH3) in atmosfera prodotte dal settore agricolo, dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti e permette di valutare il peso del settore rispetto al totale di emissione nazionale e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione. Nel 2019, il settore agricoltura è responsabile dell’emissione in atmosfera di 334,59 kt di NH3, pari al 94,3% del totale nazionale. L'andamento delle emissioni di NH3 è in linea con gli obiettivi fissati dal Protocollo di Göteborg e dalla Direttiva sui limiti nazionali di emissione (Direttiva NEC – National Emission Ceiling).EMISSIONI DI AZOTO EQUIVALENTE IN AGRICOLTURAL’indicatore descrive l’ammontare di azoto annualmente perso in atmosfera, in termini di azoto ammoniacale (N-NH3), di azoto nitroso (N-NO2) e di azoto sotto forma di protossido di azoto (N-N2O) prodotto dal settore agricolo, dovuto principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti. L’indicatore può essere usato per valutare l’efficacia degli apporti di azoto al suolo attraverso il calcolo del bilancio dell’azoto, anche nell’ambito dell’applicazione della Direttiva Nitrati. Nel 2019 il settore agricolo ha emesso 311,3 migliaia di tonnellate di azoto equivalente, con una riduzione del 21,1% rispetto al 1990 e del 12,1% rispetto al 2005.EMISSIONI DI GAS SERRA DALL'AGRICOLTURAL’indicatore descrive le emissioni di gas serra (CH4, N2O, CO2) in atmosfera prodotte dal settore agricolo, dovute principalmente alla gestione degli allevamenti e all’uso dei fertilizzanti e permette di valutare il peso del settore rispetto al totale di emissione nazionale e il raggiungimento degli obiettivi di riduzione. L'andamento delle emissioni di gas serra del settore agricoltura a partire dal 1990 è in tendenziale diminuzione, tuttavia ulteriori interventi di riduzione dovranno essere intrapresi per raggiungere gli obiettivi stabiliti nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC), del Protocollo di Kyoto e delle Direttive europee. In particolare, gli obiettivi di riduzione al 2020 e al 2030 fissati rispettivamente dalla Direttiva Effort Sharing (406/2009/EC) e dal Regolamento Effort Sharing (842/2018/EC) per l’Italia sono pari a -13% e -33% di riduzione delle emissioni complessive di gas serra dei settori agricoltura, residenziale, trasporti, rifiuti e impianti industriali non inclusi nella Direttiva EU-ETS (European Union Emission Trading Scheme), rispetto ai livelli del 2005. Nel 2019 il peso del settore agricoltura rispetto ai settori della Direttiva Effort Sharing è pari all’11% e rispetto al 2005 la riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricoltura è pari a -8,7%.IMPATTO DEL CONSUMO DI SUOLO SULLA PRODUZIONE AGRICOLALa valutazione dei servizi, intesi come flussi di benefici, è basata sull’identificazione della struttura biofisica e dei processi/funzioni dai servizi. In questo senso, i beni e dunque anche i prodotti agricoli sono considerati come “mezzo” attraverso il quale si fruisce del contributo degli ecosistemi al benessere umano. La produzione di cibo viene classificata come servizio di approvvigionamento, rappresentato dalla produzione agricola. Questo è uno dei servizi che subisce un rilevante impatto a causa delle diverse forme di degrado del suolo, vedendo al primo posto il consumo di suolo come maggiore fattore. L'indicatore fornisce una misura dell'impatto del consumo di suolo sulla produzione agricola (in quintali) con una fotografia aggiornata annualmente. A causa del consumo di suolo tra il 2012 e il 2020 si perde annualmente un quantitativo di oltre 4 milioni di quintali di prodotti agricoli non più prodotti.MORIA DI API DOVUTA A USO DI FITOSANITARILe api, il polline e le altre matrici apistiche, forniscono importanti indicazioni sullo stato dell’ambiente naturale e sulla contaminazione chimica da fitofarmaci eventualmente presente. Le analisi di laboratorio permettono, inoltre, di rinvenire sulle api e sul polline eventuali sostanze attive presenti nei prodotti fitosanitari utilizzati nelle aree nelle quali le stesse effettuano i voli e bottinano. L’ISPRA partecipa da tempo ad attività di ricerca mirate a stabilire i possibili fattori e cause di mortalità delle colonie di api, anche a seguito delle diverse pratiche fitoiatriche implementate nelle aree naturali e a vocazione agricola. I dati rilevati consentono di ipotizzare un andamento oscillante intorno a un valore medio annuale di circa 43 casi di moria di api, con presenza di principi attivi sul corpo o altre matrici apistiche.TERRITORIO AGRICOLO INTERESSATO DA RILASCI DELIBERATI, A SCOPO SPERIMENTALE, DI PIANTE GENETICAMENTE MODIFICATE (PGM)L’indicatore di pressione riporta il numero, le dimensioni e le caratteristiche delle sperimentazioni di Piante Geneticamente Modificate (PGM) autorizzate in Italia, ai sensi della Direttiva 2001/18/CE, a partire dal 1999. L’indicatore è stato popolato acquisendo i dati reperiti presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le sperimentazioni hanno subito un forte calo già nel 2000 e dal 2001 non sono state autorizzate nuove sperimentazioni. Le ultime sperimentazioni, che avevano un’autorizzazione pluriennale, si sono concluse nel 2010.
- CERTIFICAZIONE DI GESTIONE FORESTALE SOSTENIBILEIl tema del crescente fenomeno della deforestazione e degrado delle foreste globali e dell’utilizzo sostenibile e legale delle biomasse legnose, ha catalizzato, nell’ultimo decennio, l’attenzione da parte di decisori politici, aziende private, associazioni e privati cittadini, stimolando azioni e strumenti efficaci mirati a prevenirli e mitigarli. L’aumento eccessivo dell’utilizzazione delle biomasse forestali e il conseguente degrado degli ecosistemi naturali, specie nelle aree tropicali del pianeta, risultano spesso associati a processi di sfruttamento indiscriminato e/o illegale delle risorse naturali, che vanno dal taglio, alla trasformazione e al trasporto del legno e dei suoi derivati, generando rilevanti impatti negativi sia dal punto di vista ambientale, sia economico, sia sociale. La certificazione forestale nasce quindi quale strumento volto a prevenire gli impatti negativi e le minacce al patrimonio forestale nazionale e internazionale, attraverso l’adozione di pratiche improntate a un’attenta pianificazione e monitoraggio delle attività di gestione e utilizzazione delle biomasse legnose. In Italia, al 31 dicembre 2020, la superficie forestale certificata secondo lo schema del Programme for Endorsement of Forest Certification schemes (PEFC™) è pari a 889.032 ettari; mentre la superficie certificata secondo lo schema del Forest Stewardship Council® (FSC®) ammontava a 68.486 ettari.CONTRIBUTO DELLE FORESTE NAZIONALI AL CICLO GLOBALE DEL CARBONIOL’indicatore fa riferimento allo stock di carbonio, ovvero la quantità di carbonio fissata in Italia nei diversi serbatoi forestali, e alla variazione di stock di carbonio (carbon sink), che tiene conto del carbonio assorbito e alla quantità rilasciata (emissioni) per effetto di incendi, prelievi e mortalità naturale degli ecosistemi forestali nazionali. Il carbon stock e il carbon sink rappresentano indicatori efficaci per valutare lo stato delle risorse forestali di una nazione, essendo influenzati dalla produttività delle foreste e, in senso negativo, dai disturbi sia naturali sia antropici cui sono soggette (incendi, prelievi, parassiti e patogeni, mortalità naturale, ecc.). Gli stock di carbonio nelle foreste italiane sono in aumento, segnando un bilancio positivo tra le emissioni e gli assorbimenti di gas serra (carbon sink). Ciò è legato da una parte alle politiche di conservazione e di tutela delle foreste; dall'altra, a causa di complessi motivi economici e sociali, a una riduzione del volume dei prelievi legnosi. Maggiore preoccupazione destano le emissioni legate agli incendi. L'andamento del carbon sink, nel periodo 1990-2019 è fortemente condizionato dalla riduzione di assorbimento di gas serra connesse alle superfici percorse annualmente dagli incendi. È particolarmente evidente, infatti, l'effetto delle perdite di biomassa dovute a incendi nel 1990, 1993, 2007 e nel 2017 sul trend del carbon sink. Da ciò si intuisce il ruolo chiave degli incendi sul contributo che le foreste nazionali possono dare al ciclo globale del carbonio.