- Macro aree
- Biosfera
Biosfera
- CONSUMO DI SUOLO IN AREE PROTETTEAll’interno delle aree incluse nell'EUAP (Elenco Ufficiale Aree Protette), il suolo consumato nel 2020 è pari a 59.335 ettari totali (1,9% del territorio). Il consumo di suolo avvenuto tra il 2019 e il 2020 è di 65,02 ettari, poco meno della metà concentrato in tre regioni: Lazio, Abruzzo e Campania con valori rispettivamente di 17,1, 8,5 e 6,7 ettari. Complessivamente tra il 2012 e il 2020 all’interno delle aree protette italiane si sono persi quasi 850 ettari.RETE NATURA 2000La Rete Natura 2000 è costituita in Italia da 2.636 siti, per una superficie totale al netto delle sovrapposizioni, di 5.843.817 ettari a terra, pari al 19,38% del territorio nazionale e una superficie a mare di 2.071.607 ettari pari al 13,42% delle acque (dati aggiornati al dicembre 2020). Nell’ultimo biennio si è registrato un incremento delle aree tutelate soprattutto in ambito marino con la progressiva definizione della Rete a mare. Le percentuali di copertura della Rete a livello nazionale sono rilevanti anche in relazione ai target della nuova Strategia Europea per la Biodiversità al 2030 e nelle diverse regioni e province autonome sono piuttosto eterogenee, passando dal 12% (Emilia-Romagna) al 36% (Abruzzo) per le superfici a terra, e da percentuali inferiori all’1% (Marche) al 27% (Toscana) per le superfici a mare. Sono state designate complessivamente 636 ZPS e 2.357 SIC-ZSC (di cui 357 di tipo C, ovvero SIC-ZSC coincidenti con ZPS). Prosegue il processo di trasformazione dei SIC in ZSC con 2.286 ZSC designate (aprile 2021).
- CONSISTENZA E LIVELLO DI MINACCIA DI SPECIE ANIMALILa fauna italiana è stimata in oltre 58.000 specie e il numero totale arriva a circa 60.000 taxa se si considerano anche le sottospecie. Questa ricchezza è però minacciata, come mostrano le valutazioni IUCN e le tendenze demografiche delle popolazioni. Delle 672 specie di vertebrati italiani (576 terrestri e 96 marine), 6 sono estinte in Italia e 161 sono minacciate di estinzione (pari al 28% delle specie valutate). I diversi gruppi di vertebrati mostrano percentuali di rischio variabili: 2% nei pesci ossei marini, 19% nei rettili, 21% nei pesci cartilaginei, 23% nei mammiferi, 36% negli anfibi, fino al 48% nei pesci ossei di acqua dolce (considerando le categorie CR+EN+VU). Inoltre le popolazioni di vertebrati terrestri e marini sono complessivamente in declino, rispettivamente per il 27% e 22%. Gli uccelli nidificanti sono l’unico gruppo per il quale sono state realizzate due valutazioni IUCN, a distanza di 7 anni. Delle 278 specie valutate nell’ultima valutazione del 2019, 5 sono estinte e 67 minacciate (erano 76 nel 2013), pari al 26% delle specie valutate. La metà delle specie di uccelli nidificanti italiani non è a rischio di estinzione imminente. Tra gli invertebrati sono minacciati di estinzione il 9% dei coralli, l’11% delle libellule, il 21% dei coleotteri saproxilici, il 6% delle farfalle e l’11% degli apoidei valutati. Anche per gli invertebrati si rilevano trend preoccupanti, ad esempio la percentuale di popolazioni di libellule in declino è pari al 16% del totale, 5 volte maggiore di quelle in aumento.CONSISTENZA E LIVELLO DI MINACCIA DI SPECIE VEGETALIL’Italia ospita un patrimonio floristico di grande rilievo per ricchezza di specie e sottospecie (2.704 licheni, 1.209 briofite e 8.237 entità vascolari) e per valore biogeografico. Secondo dati aggiornati al gennaio 2021, circa il 21% delle 8.237 entità della nostra flora vascolare (pari a 1.727 entità) è endemica italiana, ovvero esclusiva del nostro territorio, e di queste, 1.140 sono endemiche ristrette a una sola regione italiana. L’indicatore mostra anche lo stato di rischio IUCN della nostra flora per un contingente di 2.430 entità vascolari (pari al 29,5% della flora vascolare italiana), per le quali sono identificate anche le pressioni prevalenti. Purtroppo lo stato di conservazione non può essere considerato soddisfacente poiché delle 2.430 entità vascolari valutate dalle Liste Rosse italiane il 2,2% (pari a 54 entità) sono estinte o probabilmente estinte e il 24,3% (590 entità) è a rischio di estinzione. Sono minacciate anche le policy species (specie protette da Convenzione di Berna e Direttiva Habitat), nonostante la tutela in vigore ormai da molti anni, con il 6% di specie estinte o probabilmente estinte e il 37% a rischio di estinzione. Le pressioni antropiche correlate ai cambiamenti di uso del suolo continuano ad agire sul nostro territorio e rappresentano attualmente uno dei maggiori driver del rischio di estinzione delle specie vegetali. Inoltre la Lista Rossa della flora vascolare mostra tra le pressioni più rilevanti le modifiche dei sistemi naturali (il 39% dei 2.430 taxa valutati sono soggetti a questa forma di pressione), lo sviluppo agricolo (27%) e residenziale (27%) e il disturbo antropico (20%).FRAMMENTAZIONE DEL TERRITORIO NATURALE E AGRICOLOLa frammentazione del territorio è il processo che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali e seminaturali e un aumento del loro isolamento. Tale processo, responsabile della trasformazione di patch di territorio di grandi dimensioni in parti di territorio di minor estensione e più isolate, è frutto principalmente dei fenomeni di espansione urbana che si attuano secondo forme più o meno sostenibili e dello sviluppo della rete infrastrutturale volta a migliorare il collegamento delle aree urbanizzate mediante opere lineari. Il 44% del territorio nazionale risulta nel 2020 classificato a elevata e molto elevata frammentazione. Le regioni con maggior copertura territoriale a frammentazione molto elevata sono Veneto (40,5%) e Lombardia (33,5%); tale dato conferma la stretta corrispondenza tra frammentazione e densità di urbanizzazione.INDICE DI COPERTURA VEGETALE MONTANA (MOUNTAIN GREEN COVER INDEX)L’indice valuta la percentuale di copertura vegetale in aree montane, con riferimento alla definizione ISTAT e a quella proposta dalla FAO nel 2015 con sei classi altimetriche (UNEP- WCMC). Il dato è espresso in termini di superficie vegetale montana totale e con riferimento alla distinzione tra aree naturali e agricole. Con riferimento alle sei fasce altimetriche definite dall’ UNEP- WCMC, emerge una maggiore presenza di aree vegetate soprattutto nelle classi 5 e 6, ossia tra 300 e 1.500 m s.l.m. Con riferimento alle aree montane ISTAT, quasi il 90% del territorio al di sopra dei 600 m s.l.m. presenta una copertura vegetale (foreste, arbusteti, prati, aree agricole) e i valori più bassi interessano le regioni alpine.RICCHEZZA ED ABBONDANZA RELATIVE DEGLI UCCELLI IN ITALIAL'indicatore contribuisce a misurare l'abbondanza e la ricchezza del popolamento ornitico in Italia, nel corso dell'anno, descritte sulla base di dati di inanellamento, al fine di delineare il ruolo dell'Italia nel contesto della distribuzione spazio-temporale dell'avifauna europea. I dati 2019-2020 confermano l'assoluta rilevanza dell'Italia quale rotta di migrazione di grande importanza tra Europa e Africa, e contribuiscono a definire i periodi critici per le specie utili a fini conservazionistici e gestionali.STATO DI SALUTE DELLE POPOLAZIONI DI UCCELLI MIGRATORIL'indicatore fornisce un quadro dello stato di salute delle popolazioni di uccelli passeriformi migratori comuni in Europa. L'indicatore mira a valutare la resilienza delle specie migratrici al cambiamento climatico, attraverso l'analisi della variazione temporale della data di arrivo presso le isole italiane a seguito dell'attraversamento del deserto del Sahara e del Mediterraneo durante la migrazione primaverile, per mezzo della quale gli uccelli che trascorrono i mesi invernali in Africa giungono ai siti riproduttivi europei. Una delle manifestazioni del riscaldamento globale è l’aumento delle temperature primaverili nelle regioni temperate, da cui ne consegue un anticipo dell’attività vegetativa e quindi del picco stagionale di presenza di insetti in primavera. In generale, la riproduzione degli uccelli avviene in un periodo tale da far coincidere l'allevamento dei pulcini con il periodo di massima abbondanza delle risorse trofiche. Molte specie di uccelli si cibano di insetti, soprattutto durante l’allevamento dei pulcini. Pertanto a un anticipo del picco di presenza degli insetti deve coincidere un simile anticipo del periodo riproduttivo degli uccelli. Per gli uccelli migratori provenienti dall’Africa è quindi fondamentale riuscire ad anticipare la migrazione primaverile, in modo da giungere nei quartieri riproduttivi prima rispetto al passato. Diversi studi hanno evidenziato la relazione tra riscaldamento globale e fenologia della migrazione negli uccelli, dimostrando che un mancato anticipo della migrazione si traduce in una bassa resilienza delle popolazioni ai cambiamenti climatici con effetti negativi sulla loro sopravvivenza. Sulla base dell’analisi della data di migrazione di 5 specie di uccelli contattate in 26 stazioni di inanellamento aderenti al Progetto Piccole Isole di ISPRA nel periodo 1988-2020 (33 anni), si rileva che il 60% delle specie prese in considerazione mostra un anticipo della data di migrazione troppo lento (di circa 1 giorno ogni 10 anni) per essere definito sufficiente a contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
- CONTROLLI CITESVengono analizzati numero ed esito delle verifiche effettuate negli ultimi 11 anni (2010-2020) per verificare il rispetto della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (CITES - Convention on International Trade in Endangered Species of wild fauna and flora). Gli illeciti totali accertati nel 2020 sono stati 764, di cui 409 penali e 355 amministrativi. Complessivamente si rileva che dal 2018 è avvenuto un deciso aumento degli illeciti, rispetto agli anni precedenti; infatti tra il 2010 e il 2017 la media annua di illeciti è stata di 334. Dal 2018 è anche considerevolmente aumentato l’importo totale di euro sanzionati, pari a 1.002.493 € nel 2020, contro una media annua di circa 611.000 € tra il 2010 e il 2017.
- DEFOGLIAZIONE DELLA CHIOMA DI SPECIE FORESTALII valori di defogliazione indicano il livello di resilienza o di suscettività delle specie all’impatto causato da deposizioni atmosferiche e inquinanti gassosi. I dati rilevati negli ultimi 24 anni (1997-2020) mostrano un andamento altalenante, con anni di attenuazione e anni di crescita del fenomeno della defogliazione, e sembrano dimostrare che le latifoglie hanno una maggiore sensibilità all'impatto delle deposizioni atmosferiche e degli inquinanti gassosi.ENTITÀ DEGLI INCENDI BOSCHIVIIl fenomeno degli incendi boschivi, analizzato sulla base dei dati dal 1970 al 2019, presenta un andamento altalenante, con anni di picco (1993, 2007, 2017) che si alternano ad anni di attenuazione (2013, 2014, 2018). Molto alta l’incidenza degli incendi di origine volontaria, che rappresentano la metà degli eventi registrati, arrivando a superare il 60% in alcuni anni (2012, 2014, 2015, 2016). La presenza degli incendi all’interno delle Aree Protette è alta, con valori eccezionalmente elevati in alcune annate, come il 2017, in cui sono stati percorsi dal fuoco 31.899 ettari in aree tutelate.